Tribunale di Roma: affidamento alternato rivoluzionario tra genitori conflittuali. A turno dovranno uscire di casa per lasciare l'altro col figlio di quattro anni
- Studio Legale Fiorin

- 28 ott
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Aggiornamento: 29 ott
Il Tribunale di Roma, con il Decreto n. 13579 del 9 ottobre 2025, ha adottato una soluzione a suo modo rivoluzionaria per attuare, sia pure in via provvisoria, il cosiddetto affidamento alternato.
Con questo termine si intende il regime di affidamento secondo il quale il figlio di genitori separati conserva la possibilità di vivere con entrambi, alternando - con cadenza di solito bisettimanale o mensile - i giorni di permanenza presso l'uno e l'altro genitore.
Si tratta di una soluzione che finora è stata vista con sospetto da parte dei giudici di merito, in quanto presenta difficoltà attuative, e oltrepassa il principio per cui, anche nella condivisione dell’affidamento, di solito è ritenuto ineludibile che il figlio debba conservare stabilità di vita, rimanendo nella medesima residenza con uno solo dei genitori.
Il primo aspetto innovativo di questo decreto consiste nel fatto che l’affidamento alternato è stato disposto - almeno provvisoriamente e in attesa di una CTU sull’idoneità genitoriale delle parti - in una situazione in cui era molto forte la conflittualità tra i genitori.
Di solito infatti, questa modalità di affidamento viene accolta dalla giurisprudenza solamente in situazioni nella quali sono i genitori a proporla concordemente. Tra l’altro, anche in questi casi, non senza difficoltà per convincere il giudice. Del resto, a sfavore dell’affidamento alternato gioca anche il fatto che nel nostro ordinamento non è configurabile una “doppia residenza” per il minore stesso.
Ma a parte questo, l'aspetto più innovativo della decisione del tribunale capitolino è che il giudice ha disposto che il figlio mantenga la sua unica residenza nella stessa abitazione in cui è nato, di comproprietà dei genitori. Pertanto, a cadenza settimanale, ciascuno dei due dovrà prendere in consegna il figlio all'uscita da scuola del lunedì, e rientrare con lui nell’abitazione già familiare, dalla quale l'altro genitore si dovrà allontanare fino al lunedì successivo.
Per tutelare ulteriormente il figlio rispetto alla difficoltà dei genitori a trovare un modus vivendi decente tra di loro, il giudice romano ha altresì nominato un curatore speciale per il minore, che secondo quanto introdotto dalla riforma Cartabia avrà la facoltà di sostituirsi ai genitori nelle decisioni che riguardano il figlio.
La soluzione in esame scandalizzerà non pochi operatori del diritto, soprattutto quelli del coté più femminista, in quanto costringerà entrambi i genitori - e non solo uno di loro - a procurarsi una diversa abitazione per sé, nelle settimane in cui non potrà continuare a vivere con il figlio. Di solito gli interessati non vengono mai obbligati a questo dal giudice, a dimostrazione di come, in genere, in queste situazioni si tenda a privilegiare più gli interessi degli adulti in conflitto che non quelli dei figli minorenni.
A fronte degli strali che solitamente buona parte dei giuristi riserva alla sola idea dell’affidamento alternato, al grido per cui i figli “non sono pacchi postali”, questa decisione, per quanto provvisoria, risponde dando loro paradossalmente ragione, in quanto costringe entrambi i genitori, e non uno solo (che nella pratica, specie per i figli più piccoli, è quasi sempre il padre), a sacrificarsi per gli interessi del figlio trovando per sé una nuova abitazione.
È indubbio che il nesting, come viene chiamata questa forma di affidamento, richieda alle parti una certa disponibilità patrimoniale, perché a seguito della separazione le abitazioni in cui vivere diventano tre e non due, ma va detto che di solito nella giurisprudenza non si ha mai particolare riguardo per le difficoltà economiche dell'unico genitore che, nella normalità dei casi, è costretto a trovare per sé un nuovo alloggio.
La decisione del tribunale capitolino ha il pregio di conservare al di fuori delle modalità consuete il principio che normalmente si vuole attuare mediante l'assegnazione della casa familiare, previsto dall’art. 337 sexies del codice civile.
Nel caso di specie non si è provveduto, nonostante le richieste contrapposte delle parti, a disporre detta assegnazione ad alcuno dei due comproprietari in lite. Eppure, si è realizzato lo spirito con il quale la legge ha originariamente previsto la norma in esame, dal momento che si è conservato il diritto del minore a continuare ad abitare nella casa in cui era nato e cresciuto, senza tuttavia privare alcuno dei genitori del diritto di convivere con lui.
Per quanto non se ne parli nel pubblico dibattito, l'assegnazione della casa familiare è diventato uno degli istituti più ipocriti del nostro diritto di famiglia, che tra l’altro è alla base della scelta di molti giovani di rinunciare a sposarsi e avere figli. Basti notare che, nella giurisprudenza, si ammette senza problemi il cambiamento di residenza del figlio, nel regime della separazione, se i genitori sono concordi a chiederlo. Tuttavia, in mancanza di accordo, il giudice solitamente assegna la casa al genitore ritenuto più idoneo a continuare a vivere stabilmente col minore - e abbiamo appena detto chi solitamente esso sia - espellendone l'altro senza alcun riguardo per le sue eventuali difficoltà a trovare un nuovo alloggio.
L’assegnazione della casa familiare è dunque diventata, in molti casi, uno strumento di ricatto del genitore che sa di avere il diritto di ottenerla, cacciando di casa l’ex compagno. Per questo, la decisione in esame, con la quale si è deciso che, se i genitori non vanno d’accordo, è preferibile che se ne vadano di casa entrambi, lasciando il figlio a vivere in essa con ciascuno dei due a settimane alternate, ha un sapore rivoluzionario ma nello stesso tempo riequilibratore e responsabilizzante.
Come si è detto, si tratta di una soluzione adottata in sede di provvedimenti provvisori e urgenti, nell'attesa di quanto sarà deciso da una CTU sulla idoneità genitoriale di entrambe le parti. Il giudice ha di fatto affidato - come spesso avviene - a un professionista della psicologia infantile la soluzione del caso. Questo è parimenti significativo, dal momento che, nel caso di specie, vista l'alta conflittualità tra i genitori, erano già intervenuti degli accertamenti dei servizi sociali.
Questi ultimi avevano verificato che li due genitori erano di fatto incapaci di comunicare, e non avevano fatto altro che offendersi reciprocamente anche in presenza degli operatori di detti servizi sociali, e negare qualsiasi ascolto rispetto alle loro proposte.
I suddetti operatori avevano già evidenziato ai genitori quanto il loro comportamento così conflittuale fosse all'origine di un possibile rischio evolutivo per il bambino, considerata anche la tenera età dello stesso (di soli quattro anni). La madre, dal canto suo, aveva chiesto l'affidamento esclusivo e accusato più volte il coniuge di violenza psicologica e fisica. Il padre, invece, aveva ammesso di avere trasceso nel linguaggio, di fronte a un comportamento violento che tuttavia sarebbe stato proprio della madre.
Nella specie, non erano intervenute querele tra i genitori, ma appare ulteriormente degno di nota che il giudice in un simile caso abbia resistito alla tendenza a collocare il minore esclusivamente presso il genitore accusante.
In questi casi, infatti, i giudici delegati tendono sempre a privilegiare la denuncia femminile, e anche per questo la soluzione trovata almeno temporaneamente dal Tribunale di Roma con questo decreto deve considerarsi ampiamente innovativa ed equilibrata.
Se la tendenza si diffondesse, si potrebbe da una parte restituire un significato positivo all'istituto dell'assegnazione della casa familiare, che, come si è detto, attualmente è alla base di frequenti abusi. Ciò in quanto è evidente che, nella prospettiva di un affidamento alternato, la norma potrebbe tornare a garantire una continuità abitativa al bambino, più che al genitore collocatario.
Nello stesso tempo, imporre un allontanamento settimanale dalla casa familiare ad entrambi i genitori, che nella fattispecie sono comproprietari dell’abitazione, viene ad avere una funzione, per così dire, pedagogica, dal momento che richiama forzatamente entrambi a restituire priorità all’interesse del figlio, rispetto al loro insanabile conflitto personale.



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