La Corte di Cassazione, con la sentenza 11401 della V Sezione, depositata il 30 aprile 2019, è tornata sui trasferimenti immobiliari che vengono disposti a fini fiduciari, o comunque senza arrecare al beneficiario alcun effettivo incremento patrimoniale. Accade infatti con relativa frequenza, nei trust o comunque nell'ambito dei mandati senza rappresentanza, che avvengano cessioni immobiliari finalizzate a una successiva disposizione del bene, o comunque rivolte a un utilizzo del bene stesso nell'esclusivo interesse dell'alienante. In questi casi, è accaduto più volte che l'Agenzia delle Entrate abbia preteso di sottoporre questo tipo di trasferimenti alla tassazione prevista per le donazioni, puntando a un prelievo che di solito risulta essere piuttosto ingente, perché difficilmente rientra nelle previste ipotesi di esenzione.
Nella fattispecie, si trattava per l'appunto di un mandato senza rappresentanza, finalizzato a consentire la successiva cessione del bene in capo a terzi senza che il mandante volesse comparire nell'affare. Come già accaduto in tema di trust, la Corte ha quindi ribadito il principio di diritto per cui l'assoggettamento a imposta proporzionale anziché fissa, previsto per le ipotesi analoghe a quella della donazione, non si applica sempre e comunque in assenza di un reale corrispettivo per il passaggio di proprietà. Infatti, occorre anche che ricorra un "effettivo incremento patrimoniale del beneficiario", quale presupposto per l'applicazione delle imposte sulle donazioni. In casi come quello in esame, dove resta esclusa la ricorrenza di alcun "trapasso di ricchezza suscettibile di imposizione indiretta", si deve invece applicare solo l'imposta in misura fissa, se prevista, in quanto il presupposto della cessione è semplicemente quello di consentire un utilizzo del bene rispetto al quale il beneficiario, soggetto passivo dell'imposizione fiscale, rimane come un soggetto "neutro". Nelle fattispecie di mandati senza rappresentanza o comunque fiduciari l'imposta graverà quindi, nei limiti in cui ne ricorrano i presupposti soggettivi, solo nel caso che il cessionario si arricchisca effettivamente dell'acquisita proprietà del bene, facendo entrare lo stesso nel suo patrimonio anche se temporaneamente, per poi disporne liberamente uti dominus, invece di agire come mero fiduciario.
Il principio può trovare applicazioni in diversi casi di intestazione fiduciaria, nei rapporti tra privati, in tutti i casi in cui di fatto il vero proprietario del bene rimane l'alienante. Rimane quindi da chiedersi come distinguere tra intestazioni fiduciarie e interposizioni fittizie non sorrette da adeguata e lecita causa, come può avvenire nei casi in cui si intesta un bene a un soggetto (esclusi i casi di discendenti diretti, per cui di solito si applicherebbero comunque le esenzioni dall'imposta di donazione, salvo superamento della franchigia) ai fini di schermarlo rispetto alle pretese dei creditori o della stessa amministrazione tributaria.
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