Nel corso dei procedimenti di separazione o divorzio, visti i vari gradi di giudizio possibili, può capitare che il giudice modifichi la misura dell’assegno di mantenimento. In questi casi, l’obbligato ha diritto a ripetere le maggiori somme versate? Simili situazioni capitano non di rado nella pratica, considerata l’assenza di parametri oggettivi per determinare quanto dovuto al proprio ex, sulla base dei rispettivi redditi e situazioni patrimoniali. Quindi, è frequente che il legale si trovi di fronte a concitate richieste da parte del cliente, che di fronte a una riduzione dell’onere invariabilmente spera di ottenere soddisfazione per i mesi, se non anni, nei quali si è trovato a dover pagare più di quanto in seguito stabilito, anche se a parità di presupposti. Le sentenze di merito non sempre sono esplicite sul punto, e la giurisprudenza non aveva finora dato una risposta univoca alla questione. Pertanto, ci hanno pensato le Sezioni Unite, con una chilometrica sentenza, la n. 32914, depositata l'8 novembre 2022. In essa si è affrontata organicamente la questione, distinguendo tra le varie situazioni che si possono presentare.
Dunque, secondo la sentenza in esame, in linea di principio sussiste la ripetibilità dell'assegno (di separazione o divorzio) versato al coniuge o all'ex, qualora i presupposti del diritto al mantenimento vengano riconosciuti insussistenti ab origine, e dunque non per fatti sopravvenuti. Ciò si verifica, per esempio, quando viene stabilito che non sussisteva lo "stato di bisogno", o in caso di dichiarazione di addebito, che come è noto comporta il venire meno del diritto.
Al contrario, il diritto di ripetere le somme precedentemente erogate non sorge quando la rivalutazione dipende dalle mutate condizioni economiche del soggetto obbligato, o nel caso di una semplice rimodulazione al ribasso per una diversa valutazione della situazione.
La Suprema Corte ha infatti precisato che anche in materia familiare sussiste un principio generale di ripetibilità delle statuizioni economiche, qualora si accerti l'insussistenza "ab origine" delle condizioni per il mantenimento.
Tuttavia, Il diritto di ripetere le maggiori somme provvisoriamente versate va escluso quando:
il giudice ha proceduto ad una rivalutazione, che come tale ha effetto ex tunc, delle condizioni economiche del soggetto obbligato;
l'assegno stabilito in sede presidenziale (ovvero nel rapporto tra la sentenza di un grado di giudizio rispetto a quella sostitutiva del grado successivo) è stato semplicemente rimodulato al ribasso.
In ogni caso, però, non sussiste il diritto alla ripetizione se l'assegno precedentemente stabilito "non superava la misura necessaria a garantire il soggetto debole di far fronte alle normali esigenze di vita, valutate secondo un criterio di normalità", al punto che le somme di denaro già erogate "possano ragionevolmente e verosimilmente ritenersi pressoché tutte consumate, nel periodo per il quale era stata prevista la loro corresponsione".
La sentenza in esame, lunga ben 67 pagine, ha ripercorso l'intera giurisprudenza sulla materia. All’esito, le Sezioni Unite hanno respinto il ricorso di una donna già condannata dalla Corte di appello di Roma alla restituzione delle somme che aveva percepito dal consorte. Quest’ultima corte territoriale era stata chiamata a decidere, in sede di modifica delle condizioni, sulla richiesta di un assegno di mantenimento divorzile, anche se la separazione era stata consensuale e senza alcun contributo di mantenimento. Essa aveva pertanto ravvisato che "sin dalla richiesta di modifica delle condizioni della separazione non sussistevano i presupposti per il riconoscimento di un contributo al mantenimento". Per questo motivo, aveva revocato i provvedimenti provvisori adottati in primo grado, nel giudizio promosso ex articolo 710 c.p.c., condannando la coniuge alla restituzione delle somme indebitamente percepite.
Contro detta decisione la donna aveva proposto ricorso in Cassazione, sostenendo, tra l'altro, la falsa applicazione degli artt. 156 e 445 cod. civ. "stante la natura alimentare dell'assegno di mantenimento".
Per questo, la prima sezione civile, con ordinanza interlocutoria, aveva rimesso alle Sezioni Unite affinché chiarisse due questioni: a) la sussistenza o meno di un principio generale di irripetibilità delle statuizioni economiche in sede di giudizio di separazione e divorzio, in relazione ai coniugi e ai figli, desumibile dalla disciplina processuale; b) la natura alimentare (in tutto o in parte) o para-alimentare dell'assegno di mantenimento, ricavabile sulla base del diritto sostanziale, e quindi l'effettivo carattere di irripetibilità della prestazione di alimenti, ricavabile, in difetto di un'espressa disposizione normativa, dalla complessiva disciplina della materia o dai principi costituzionali.
Il collegio di legittimità, rispondendo a tali domande, ha statuito che "non si rinviene nell'ordinamento una disposizione che, sul piano sostanziale, sancisca la irripetibilità dell'assegno propriamente alimentare provvisoriamente disposto a favore dell'alimentando". Di conseguenza, "non può negarsi l'efficacia caducatoria e ripristinatoria dello status quo ante e dunque sostitutiva della sentenza impugnata propria della sentenza emessa in esito al successivo grado di giudizio, sulla base del semplice riferimento alla disciplina dettata per gli alimenti in senso proprio".
Tuttavia, le Sezioni Unite hanno ritenuto di dare il "giusto rilievo" alle esigenze "equitative-solidaristiche" che dipendono dalla "peculiare comunità sociale rappresentata dalla famiglia ed anche nelle situazioni di crisi della unione". Tutto ciò in un'ottica di temperamento della generale operatività della regola civilistica della ripetizione di indebito (articolo 2033 cod. civ.). Non è stata di conseguenza sancita una regola di “automatica irripetibilità delle prestazioni rese in esecuzione di obblighi di mantenimento". Piuttosto, si è ravvisata l’esigenza di operare un "necessario bilanciamento" a tutela del soggetto che sia stato riconosciuto parte debole nel rapporto coniugale. Infatti, secondo il ragionamento della sentenza in esame, si deve anche poter presumere che le maggiori somme versate "siano state comunque (in atto o in potenza) consumate, proprio per fini di sostentamento, dal coniuge debole".
La Suprema Corte ha opinato che una somma che rivesta queste finalità equitative debba essere "necessariamente modesta". Tuttavia, non essendo stata fissata "in maniera rigida" dalla legge, in simili situazioni è sempre necessaria una valutazione personalizzata da parte del giudice di merito, considerate tutte le variabili del caso concreto. Quali, in linea di principio, "la situazione personale e sociale del coniuge debole, le ragionevoli aspettative di tenore di vita ingenerate dal rapporto matrimoniale ovvero la non autosufficienza economica".
Partendo da questo ragionamento, le Sezioni Unite sono arrivate all'affermazione del seguente principio di diritto:
“In materia di famiglia e di condizioni economiche nel rapporto tra coniugi separati o ex coniugi, per le ipotesi di modifica nel corso del giudizio, con la sentenza definitiva di primo grado o di appello, delle condizioni economiche riguardanti i rapporti tra i coniugi, separati o divorziati, sulla base di una diversa valutazione, per il passato (e non quindi alla luce di fatti sopravvenuti, i cui effetti operano, di regola, dal momento in cui essi si verificano e viene avanzata domanda), dei fatti già posti a base dei provvedimenti presidenziali, confermati o modificati dal giudice istruttore, occorre distinguere:
a) opera la “condictio indebiti” ovvero la regola generale civile della piena ripetibilità delle prestazioni economiche effettuate, in presenza di una rivalutazione della condizione “del richiedente o avente diritto”, ove si accerti l'insussistenza ab origine dei presupposti per l'assegno di mantenimento o divorzile;
b) non opera la “condictio indebiti” e quindi la prestazione è da ritenersi irripetibile, sia se si procede (sotto il profilo dell'an debeatur, al fine di escludere il diritto al contributo e la debenza dell'assegno) ad una rivalutazione, con effetto ex tunc, delle sole condizioni economiche del soggetto richiesto (o obbligato alla prestazione), sia se viene effettuata (sotto il profilo del quantum) una semplice rimodulazione al ribasso, anche sulla base dei soli bisogni del richiedente, purché sempre in ambito di somme di denaro di entità modesta, alla luce del principio di solidarietà post-familiare e del principio, di esperienza pratica, secondo cui si deve presumere che dette somme di denaro siano state ragionevolmente consumate dal soggetto richiedente, in condizioni di sua accertata debolezza economica;
c) al di fuori delle ipotesi sub b), in presenza di modifica, con effetto ex tunc, dei provvedimenti economici tra coniugi o ex coniugi opera la regola generale della ripetibilità.
Il ricorso della ex moglie è stato quindi, di conseguenza, respinto, visto che nella fattispecie, come si è detto dianzi, sin dalla richiesta di modifica delle condizioni della separazione non sussistevano i presupposti per l'assegno di mantenimento.
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