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Matrimonio combinato? No grazie, ma con sorpresa.

Una recensione di "Matrimonio combinato? No, grazie – Ma con qualche (grossa) sorpresa"

di Ugo Borghello, ed. Ares


Diceva Giovannino Guareschi che il sentiero del paradosso è la scorciatoia più sicura per arrivare alla verità. Di certo, don Ugo Borghello ha saputo far propria la saggezza dell’umorista emiliano. Infatti, con lo stesso spirito, nel suo ultimo saggio intitolato “Matrimonio combinato? No, grazie” (ed. Ares) ha saputo esprimere verità importanti, tramite la negazione – ma non troppo – di quello che la nostra società considera un orrore assoluto, in quanto estrema negazione della libertà individuale.

Don Ugo è tornato così a parlare di matrimonio e di vita di coppia, dapprima ricordando con semplicità, ma anche con implacabile chiarezza, ciò che il matrimonio era stato fin dalla notte dei tempi, prima che in Occidente la rivoluzione sessuale ne sconvolgesse il senso: un fatto sociale, dove gli sposi non sono mai soli con se stessi e i loro desideri, ma vengono aiutati da tutta la società a trasformare la volubilità dell’innamoramento nella maturità dell’amore oblativo. Dove, grazie alla presenza di punti di riferimento sicuri, la coppia non è più un “tu e io”, ma diventa un “noi” aperto verso gli altri, i figli, la comunità, la società, la trascendenza.

Il matrimonio combinato dei tempi che furono, quello dove gli sposi non si sceglievano liberamente l'uno con l'altra, ma dovevano subire la pressione dei parenti e talvolta di altre autorità, nella nostra società libertaria appare in effetti come una costrizione inaccettabile. Un residuato arcaico, dove le coppie che ancora lo subiscono, giunte in Italia da lontane culture – spesso di altra religione ma talvolta anche cristiane – sulle prime suscitano ai nostri occhi orrore e compassione. Ma poi molto spesso ci accorgiamo che, sorprendentemente, esse hanno molto da insegnarci. Non solo per la stabilità e la fecondità dei loro legami nuziali, ma anche per la felicità sincera che traspare dal loro modo di vivere.

Chi non ha avuto occasione di trasecolare, sentendo notizia di qualche domestica filippina o di qualche giovane cameriere indiano, che improvvisamente annunciano festanti il proprio matrimonio con un o una compatriota che li raggiungerà in Italia, senza che fosse stato nemmeno mai visto prima, in quanto scelto per loro dai genitori? Certo, don Borghello non manca di osservare che un simile modello è improponibile ed è pure rifiutato dalla Chiesa, che ha sempre insistito sulla necessità della piena libertà dei nubendi, affinché non subiscano costrizioni quando si tratta delle “scelte di stato”. Che non sono solo la scelta del matrimonio, ma anche quella del lavoro, della carriera, della eventuale vocazione religiosa.

Tuttavia, il paradosso guareschiano è che talvolta il matrimonio combinato riesce a esprimere meglio la sostanza del vincolo matrimoniale, che non è un affare privatissimo che riguarda solo gli sposi, ma per riuscire richiede la mediazione di tutto un ambiente. Senz’altro, può essere meglio di tanti nostri matrimoni basati sulla semplice esigenza individuale di trovare un altro che risponda ai propri bisogni affettivi e emotivi. Con la conseguenza che, una volta che l’emotività lascia fatalmente spazio alla fatica di vivere, non vi è nulla che riesca a arginare le spinte verso la disgregazione.

Beninteso, il consiglio che emerge da questo breve saggio di Don Borghello non è quello di lasciare a altri la scelta del proprio partner. Al contrario, è di imparare a sceglierlo sulla base di criteri che non siano solo quelli dell'innamoramento, dell’attrazione sessuale (pur necessari), e tanto meno sia la paura di rimanere soli che ancor oggi, nell’era dei social e delle relazioni liquide, attanaglia tanti giovani e meno giovani.

Sono soprattutto le donne che nella società attuale subiscono maggiormente le false promesse di un femminismo omologante, che mortifica il loro bisogno di donarsi. Ma anche gli uomini, ovviamente, pur nella maggiore semplicità dei loro bisogni emotivi, soffrono tantissimo l’incapacità di arginare le spinte centrifughe dell’individualismo, che oggi attenta alla nostra vita familiare rendendoci tutti più stressati, soli e precari. Per questo, pur senza tornare a soluzioni che comprimano la libertà di scelta, per don Borghello il segreto è sempre lo stesso: sapersi aprire all’altro e imparare il dono di sé, in una unione d’amore che ha bisogno di essere garantita da qualcosa di più grande del semplice desiderio di sicurezza affettiva, e ha bisogno di essere supportata e garantita da autentici legami comunitari.


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