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  • Immagine del redattoreStudio Legale Fiorin

Riforma processo familiare, luci e ombre: dall'esame di personalità all'esame delle responsabilità?

Desideri già frustrati, e progetti più o meno velleitari, si affollano tra le pagine di un disegno di legge delega appena approvato dal Senato. Esso riguarda, tra l’altro, le “misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie”.

L’istituzione di un tribunale e di un rito unico per tutti i procedimenti relativi alla famiglia e ai minorenni era attesa da tempo. A quanto pare, complice la pressione dell’aspettativa di ricevere i fondi europei, si sta per imboccare la strada giusta. Ci sono, è vero, molte perplessità sul fatto che si riuscirà davvero a realizzare in tempi ragionevoli l'unificazione delle competenze del giudice ordinario, del tribunale per i minorenni e del giudice tutelare. Soprattutto, la creazione di un unico rito per tutti i giudizi relativi alle questioni familiari e de potestate appare densa di criticità irrisolte. Solo all’esito della delega legislativa le cose potranno essere valutate compiutamente. Intanto, già si registrano le prevedibili proteste e resistenze dei magistrati dei tribunali per i minorenni, in previsione delle quali si è disposto che i loro vetusti ma ben retribuiti uffici non vengano del tutto aboliti, bensì inglobati nelle sezioni distrettuali del costituendo Tribunale per le Persone e la Famiglia. I giudici onorari minorili verranno assegnati all’ufficio del processo relativo alla materia: leggendo tra le righe, questo fa capire che, nonostante il lodevole intento di riqualificare gli operatori del settore, nel disegno di riforma c’è pure il desiderio che ci sia comunque posto per tutti.

I procedimenti relativi ai minori in stato di difficoltà, che negli ultimi decenni si sono distinti per opacità e scarse garanzie di contraddittorio, verranno circondati di maggiori cautele. Non è ancora chiaro quali saranno le possibilità effettive di reclamo nei confronti dei provvedimenti assunti in sede di urgenza o comunque in primo grado, ma si sta inequivocabilmente cercando di aumentare il livello delle garanzie. Senz'altro positiva è la riforma del procedimenti nascenti dall'articolo 403 cod. civ., che tuttora consente alla pubblica autorità di intervenire, senza troppi complimenti, a sottrarre alle famiglie i figli in asserite condizioni di abbandono o di pericolo. Il nuovo procedimento prevede garanzie di contraddittorio, nonché termini perentori da rispettare a pena di decadenza dei provvedimenti di allontanamento. La consapevolezza delle tragiche esperienze di Bibbiano ha chiaramente influito sul disegno di riforma; non rimane quindi che aspettare di vedere se un sistema più civile e garantista verrà effettivamente realizzato, o se ci si perderà nel pantano degli adattamenti alla prassi consolidata. La collocazione dei minori in case famiglia, che tanto ha fatto discutere e indignare, rimarrà solo come “ipotesi residuale da applicare in ragione dell’accertata esclusione di possibili soluzioni alternative”. Questo può voler dire tutto come niente, ma almeno c’è un tentativo di andare nella giusta direzione.

Inoltre, è stato previsto - anche nei procedimenti ordinari sull’affidamento dei figli contesi - che l’ascolto del minore da parte del giudice non sia delegabile, e venga sempre videoregistrato: un’innovazione che di per sé denuncia la sfiducia del legislatore per come vengono attualmente condotte certe audizioni. Chissà se interverrà l'adeguamento tecnologico dei giudici, e come saranno conservabili le videoregistrazioni, visto che, tra l’altro, l’attuale processo telematico civile non prevede adeguati protocolli di raccolta e pubblicazione dei file audio-video.

Un altro dei punti più discussi del disegno di legge delega riguarda il tentativo, in realtà sventato in extremis, di limitare la possibilità per i consulenti del giudice di accertare i fenomeni di alienazione parentale. A questo proposito, da anni si sta combattendo una battaglia ideologica esasperata, in virtù della quale la cosiddetta Pas (sindrome di alienazione parentale), benché ormai pacificamente esclusa dalla comunità scientifica nella sua esistenza come tale, continua a essere il principale feticcio contro il quale si scagliano le femministe, così come coloro che vedono dappertutto abusi sui minori. Se non altro, la furia ideologica di certi emendamenti è stata arginata, e anzi si può pensare che i risultati alla fine potranno essere persino migliori del prevedibile. La previsione che il consulente del giudice “si attiene ai protocolli e alle metodologie riconosciuti dalla comunità scientifica senza effettuare

valutazioni su caratteristiche e profili di personalità estranee agli stessi”, che ha portato i detrattori fanatici della alienazione parentale a profondersi in gridolini di gioia e hip hip hurrà, in realtà è interpretabile in un senso ampiamente positivo.

La comunità scientifica, infatti, con buona pace degli esagitati, è concorde da molto tempo nel ritenere che l'alienazione parentale - pur non costituendo una sindrome in senso clinico - è un problema relazionale grave e effettivamente riscontrabile sulla base di criteri oggettivi. Impedire ai consulenti tecnici l’effettuazione di valutazioni sui profili di personalità delle parti, in questo senso, rappresenta un enorme passo avanti. Se interpretata in modo corretto, infatti, la previsione consentirà ai giudici più accorti di pretendere relazioni tecniche nelle quali il parere del consulente si concentri sull'esame delle situazioni di fatto e dei problemi relazionali, senza la formulazione di giudizi non dovuti - addirittura anticostituzionali (per quel poco che in Italia ancora vale, dopo il Covid, la previsione dell’art. 32 Cost.) - sulla presenza di disturbi psicologici o generiche inidoneità genitoriali. Insomma, ci sono i presupposti affinché si vada dall’esame della personalità all'esame delle responsabilità dei genitori, e questo non può che essere considerato positivamente.

Un altro aspetto valido del disegno di riforma, che discende dalle esperienze tragiche degli ultimi anni, consiste nella richiesta di una regolamentazione più puntuale degli interventi dei servizi sociali. Questi ultimi dovranno sottoporre gli accertamenti a loro delegati dalle autorità alla conoscenza delle parti, rispettare il contraddittorio, e soprattutto motivare ampiamente le loro determinazioni. Tutto questo in un quadro di sostanziale favore per la conservazione dell'integrità dei rapporti familiari, che si spera non venga svuotato dalla prassi.

Desta entusiasmi, ma anche qualche pratica perplessità, nei procedimenti ordinari sull'affidamento dei figli, l'introduzione del requisito della presentazione del “piano genitoriale”. Si tratta di una dettagliata indicazione che deve essere formulata dalle parti fin dagli atti introduttivi, che potrà essere successivamente adottata dal giudice con tanto di sanzioni per l'inosservanza. Il piano genitoriale dovrà illustrare “gli impegni e le attività quotidiane dei minori, relativamente alla scuola, al percorso educativo, alle eventuali attività extrascolastiche, sportive, culturali e ricreative, alle frequentazioni parentali e amicali, ai luoghi abitualmente frequentati, alle vacanze normalmente godute”. Al di là delle prevedibili eccezioni sulla impossibilità di ingabbiare la vita quotidiana dei figli in schemi troppo rigidi, che probabilmente renderà il piano genitoriale facilmente aggirabile, la previsione è comunque positiva. Soprattutto, lo è se considerata alla luce della possibilità, parimenti introdotta, di fare più ampio uso dell’articolo 614 bis c.p.c. in caso di inadempimento agli obblighi di fare e di non fare relativi ai minori. All’esito della riforma, dovrebbe essere infatti possibile che il giudice disponga preventivamente “il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori nei confronti dell’altro, individuando la somma giornaliera dovuta per ciascun giorno di violazione o di inosservanza dei provvedimenti assunti”. Il provvedimento al riguardo costituirà titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni singola violazione.

Ora, in questa materia, l’attuazione di un sistema di coercizione indiretta, simile a quello dell’astreinte francese, era discussa e pure auspicata da tempo. Essa può costituire un valido metodo per indurre i genitori renitenti a rispettare il principio di bigenitorialità. Nella pratica, tuttavia, è facile fin d’ora ipotizzare non solo le diffidenze che verranno opposte da parte dei giudici a ricorrere a un sistema che comporterà comunque nuovi contenziosi, ma anche le difficoltà probatorie che ne conseguiranno.

Infine, va notato che, se da una parte il disegno di legge di riforma tenta di riqualificare presso i tribunali la figura e il ruolo dei mediatori familiari, dall’altra subisce palesemente il pregiudizio ideologico che porta a escludere la possibilità di rinviare per la mediazione, o anche solo un per tentativo di conciliazione, i casi di conflitto familiare in cui è stata denunciata una violenza domestica anche solo tentata.

Rispetto alle formulazioni di alcuni emendamenti, si è evitato che la semplice allegazione della violenza divenisse presupposto di provvedimenti coercitivi, che sono stati ricondotti nell'alveo del procedimento ex art. 342 bis cod. civ. (che comunque di per sé non ha mai brillato per garantismo). Tuttavia, il feticcio della violenza di genere con ogni probabilità continuerà a impedire che si possa ricorrere a soluzioni non contenziose in molti casi che invece sarebbero ampiamente risolvibili. Questo forse era un prezzo da pagare.

Secondo le previsioni degli esperti, il disegno di legge delega dovrebbe presto superare l’esame della Camera dei Deputati, dove il Governo sarebbe intenzionato a chiedere la fiducia per una rapida approvazione. Ciò in quanto, come è noto, si tratta di uno dei punti qualificanti per l’ottenimento dei fondi del cosiddetto Pnrr. Solo in seguito si vedrà se l’attuazione effettiva della riforma sarà all’altezza delle attese.


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