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  • Immagine del redattoreStudio Legale Fiorin

Agevolazioni "prima casa": decadenza se il nuovo acquisto non viene adibito a abitazione principale.

Per evitare la decadenza dalle cosiddette agevolazioni “prima casa” (cfr. D.P.R. n. 131 del 1986, Tariffa, Parte Prima, articolo 1, nota II bis), nel caso che l'immobile acquistato con il suddetto beneficio fiscale venga rivenduto prima di cinque anni, è necessario che il contribuente non si limiti ad acquistare un altro immobile entro un anno dalla cessione, ma provveda anche ad adibire lo stesso a “propria abitazione principale”.

Il requisito non è strettamente previsto per la concessione originaria del beneficio, per la quale è sufficiente che l'immobile acquistato si trovi nel comune, anche diverso da quello di residenza, “in cui l'acquirente svolge la propria attività”. Tuttavia, nel caso di cessione e successivo riacquisto di un nuovo immobile, è necessario che ricorra la condizione più stringente della destinazione ad abitazione principale, sulla base del principio per cui le agevolazioni tributarie devono essere di stretta interpretazione.

Lo ha stabilito l'ordinanza della Corte di Cassazione, 5 luglio 2021, n. 18939, ed è la prima volta che la questione viene risolta in sede di legittimità. La decisione è interessante, anche perché il concetto di “abitazione principale” non è definito dalla legislazione sui benefici “prima casa”, e quindi è inevitabile desumerlo dalla disciplina di altre imposte, come, ad esempio, dall’articolo 10, comma 3 bis, ovvero dall’articolo 15, comma 1, lettera b), del Dpr 917/1986, secondo i quali per “abitazione principale” si intende quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale dimora abitualmente. In altri termini, il luogo dove viene stabilita la residenza.

Nel merito, era accaduto che una contribuente aveva dapprima acquistato con i benefici “prima casa” un immobile poi rivenduto prima del decorso del quinquennio, per acquistarne un altro in un comune diverso, dichiarando all'atto del nuovo acquisto di voler svolgere in quest’ultimo comune la propria attività lavorativa, pur senza trasferirvi la residenza. La proprietaria confidava chiaramente sulla possibilità di riacquistare l'immobile con i benefici “prima casa”, basandosi sulle identiche condizioni alle quali aveva acquistato il bene precedente. La Commissione Tributaria territoriale le aveva dato ragione. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha invece precisato che non è possibile considerare automaticamente applicabili in sede di secondo acquisto, al solo fine di evitare la decadenza dai benefici, gli stessi requisiti stabiliti per il primo. La stessa Corte Costituzionale, infatti (v. ordinanza n. 46 del 13/02/2009), nel dichiarare inammissibile la questione di legittimità riguardo a queste disposizioni, con riferimento all'articolo 3 Cost., già aveva evidenziato “che il legislatore ha voluto disciplinare una fattispecie del tutto diversa da quella dell'accesso al beneficio, stabilendo non una reiterazione dell'agevolazione, ma un'eccezione alle ipotesi di decadenza da essa”. Quest’ultima, dunque, non opera esclusivamente “nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall'alienazione, proceda all'acquisto di un altro immobile da adibire a propria abitazione principale”, e non semplicemente come sede lavorativa.

La Consulta, pertanto, aveva ritenuto non irragionevole che il legislatore, al fine di evitare la decadenza dalla agevolazione, avesse richiesto, con riferimento all'acquisto del secondo immobile, una condizione diversa e più restrittiva rispetto a quelle stabilite per l'iniziale concessione.

Nell’Ordinanza in commento, la Suprema Corte ha altresì precisato che in diverse sentenze di legittimità si era già affermato che le ragioni della agevolazioni “prima casa” consistono nell'intenzione di favorire l'acquisto della casa di proprietà, tutelato anche a livello costituzionale (v. articolo 47 Cost.), anche rispetto a coloro che sono costretti a ripetuti trasferimenti di residenza per le contingenti necessità della vita. Nel contempo, però, la decadenza serve “a evitare che l'agevolazione possa assecondare intenti speculativi, mediante l’applicazione del beneficio fiscale ad acquisti, rivendite e successivi acquisti, di fatto sganciati dalla soddisfazione di esigenze abitative”.

La contribuente del caso di specie, pertanto, si è vista costretta a pagare tutte le onerose imposte ordinarie previste per l'acquisto del primo immobile, con in più la sovrattassa del 30%. Si deve ritenere peraltro che il nuovo acquisto immobiliare in comune diverso abbia, per lo meno, potuto conservare il beneficio, visto che per esso ricorrevano le condizioni meno restrittive previste per un iniziale acquisto “prima casa”.


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