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Rifiuto genitoriale

Un fenomeno in crescita esponenziale che si fatica ad affrontare

La cosiddetta riforma Cartabia (D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149) ha introdotto significative modifiche al processo civile e penale, attribuendo un ruolo centrale all'ascolto del minore, che ha acquisito il diritto di esprimere la propria opinione in tutte le procedure che incidono sulla sua sfera personale.

 

La medesima riforma ha inoltre introdotto l'art. 473 bis n. 6 c.p.c., che testualmente prevede un intervento specifico del giudice nei casi in cui "il minore rifiuta di incontrare uno o entrambi i genitori", oppure "quando sono allegate o segnalate condotte di un genitore tali da ostacolare il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo tra il minore e l'altro genitore o la conservazione di rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale".

Si tratta della presa d'atto di un fenomeno frequente, sul quale da decenni la giurisprudenza si trova a dover dirimere lotte furibonde tra i giuristi che riconoscono o meno l'esistenza del fenomeno della "alienazione genitoriale", in virtù del quale è frequente che i figli, fin da prima dell'età scolare, vengano indotti a rifiutare senza fondato motivo i rapporti con il genitore che non convive più con loro, allineandosi alla ostilità preconcetta dell'altro.

Benché la comunità scientifica, ormai da molti anni, non abbia potuto che riconoscere il fenomeno, esistono forti pregiudizi ideologici riguardo a esso, contro il quale spesso è insufficiente la disponibilità dei magistrati a riconoscerlo e a reprimerlo.

 

Per questo, così come sarebbe importante trovare avvocati che sappiano riconoscere il rifiuto genitoriale e si dimostrino non disponibili ad assecondarlo, nello stesso tempo, di fronte all'insufficienza degli strumenti legali per intervenire sul problema, è importante affidarsi a specialisti che conoscano il da farsi per contrastarlo.

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© 2015 Studio Legale Fiorin, Bologna

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