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  • Immagine del redattoreStudio Legale Fiorin

Assegnazione della casa familiare al genitore affidatario: verso l'inizio della fine?


Il Tribunale di Nuoro conferma il principio per cui l'assegnazione della casa familiare «trova giustificazione esclusivamente nell'interesse morale e materiale della prole alla conservazione della comunità e della continuità domestica». Vale a dire che solo l'esigenza di garantire ai figli di non dover cambiare la casa dove sono nati e cresciuti, può giustificare la compressione dei diritti di proprietà che spesso si verifica in questi casi.

Nella specie, si trattava di figli ormai grandi che, anche se non erano ancora tutti autosufficienti, vivevano stabilmente in altre città per motivi di studio o di lavoro, e tornavano a casa dalla mamma solo per le feste o per le vacanze estive, peraltro preferendo spesso di alloggiare presso il padre, visto che con la mamma non sempre erano rimasti buoni rapporti. Il Tribunale ha quindi revocato l'assegnazione, essendo la casa familiare di proprietà dell'ex marito, e alla madre è stato attribuito solo l'assegno divorzile, vista la presenza di esigenze assistenziali e anche compensative e perequative. Infatti, la madre avrebbe dovuto lasciare la casa che fu coniugale e trasferirsi a vivere in affitto, dopo avere dedicato anni a curare la famiglia. La decisione ha esaminato nello specifico la ricorrenza di detti criteri assistenziali-compensativi-perequativi, precisando anche che avrebbe dovuto comunque essere abbandonato quello del tenore di vita. Una vittoria, dunque, per le ragioni della proprietà immobiliare, che non vi era più motivo di comprimere in nome della famiglia, dal momento che i figli erano ormai divenuti ampiamente indipendenti dal "nido" dove erano cresciuti.

Visto che l'assegnazione della casa familiare è spesso teatro di abusi, dovuti al fatto che in presenza di figli minori non autosufficienti il marito e il padre corre spessissimo il rischio di venire espulso da casa propria, il ddl 735 sulla riforma dell'affidamento ora all'esame del Parlamento prevede che l'assegnazione della casa familiare non sia più automatica, che non possa essere disposta a favore di chi non ha un titolo per risiedervi, e comunque il proprietario debba ricevere un indennizzo pari al canone di locazione computato sulla base dei correnti prezzi di mercato.

Come direbbe un noto politico, sta dunque per finire la pacchia per le mamme che si fanno scudo dei figli per espellere il padre e ridurlo a un bancomat? Difficile che ciò avvenga, perché anche in caso di riforma i giudici faranno di tutto per proteggere le ragioni della parte economicamente più debole. Tuttavia, se la fine dell'automaticità dell'assegnazione riuscisse a affermarsi in linea di principio, potrebbe trattarsi di un potente incentivo per la natalità e per la stabilità familiare, visto che l'indisponibilità di tanti giovani d'oggi verso la prospettiva di farsi una famiglia con figli, molte volte si verifica proprio per la paura di finire in mezzo a una strada che spesso hanno visto concretizzarsi nelle generazioni precedenti.





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