Patti prematrimoniali
Nuove possibilità riconosciute dalla giurisprudenza
Per lungo tempo, in Italia, la giurisprudenza ha considerato affetti da nullità i cosiddetti patti prematrimoniali, specialmente se rivolti a predeterminare il regime economico e patrimoniale della coppia che sta per cessare di essere tale, in caso di fallimento del matrimonio.
Benché in linea di principio il nostro ordinamento abbia sempre riconosciuto la validità delle convenzioni matrimoniali (art. 162 cod. civ.) e degli accordi stipulati in corso di matrimonio (art. 144 cod. civ.), fino a qualche anno fa la mannaia della nullità cadeva inesorabile sulle pattuizioni tra coniugi riguardanti quello che sarebbe dovuto accadere in caso di divorzio. Ciò in quanto si ritenevano detti accordi viziati da una causa illecita.
Sussiste infatti tuttora, nel nostro Paese, il principio della radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale (art. 160 c.c.), con particolare riguardo all'assegno divorzile. In buona sostanza, la giurisprudenza ha sempre temuto che le suddette pattuizioni potessero dimostrarsi limitative della libertà del coniuge economicamente più debole, arrivando addirittura a influenzare il suo consenso allo scioglimento del matrimonio.
Si tratta in larga parte di un residuo della mentalità che era ancora corrente negli anni Settanta, quando è stato introdotto il divorzio in Italia, per cui si temeva che le donne, in quanto più deboli rispetto ai mariti da un punto di vista economico ma anche culturale, non fossero in grado di determinarsi liberamente rispetto alla scelta di divorziare.
Tuttavia, nonostante persista tuttora parte dell'orientamento tradizionale, negli ultimi decenni la giurisprudenza italiana ha intrapreso un percorso evolutivo, riconoscendo spazi sempre maggiori all'autonomia privata dei coniugi.
Dunque, al giorno d'oggi, anche gli accordi tra coniugi in via di separazione o divorzio che rappresentano veri e propri contratti autonomi (come i trasferimenti immobiliari o le transazioni a carattere generale per "chiudere i conti" tra di loro), sebbene aventi causa nella crisi coniugale, possono venire ritenuti validi e insindacabili dal giudice.
Si tratta di accordi che sono impugnabili secondo le regole ordinarie dei contratti, sui quali il magistrato non può più opporsi, salvo il dovere di quest'ultimo di tenerne conto nella valutazione complessiva delle condizioni economiche delle parti. Pertanto, a maggior ragione conviene che detti accordi vengano stipulati con l'ausilio di un avvocato competente in materia.
Secondo alcune decisioni, anche le pattuizioni aggiunte alla disciplina del divorzio congiunto, se strettamente connesse a esso e non aventi a oggetto diritti indisponibili, né contrarie a norme inderogabili, devono essere considerate valide e attuate dal giudice della famiglia chiamato a revisionare detto accordo divorzile.
Lo stesso vale per gli accordi che erano stati stipulati quando separazione e divorzio erano ancora un'eventualità futura.
Così, ad esempio, sono stati considerati validi e vincolanti i contratti tra coniugi prevedenti la restituzione in caso di separazione di una somma versata da un coniuge all'altro a titolo di contributo al ménage domestico, dal momento che nessuna norma di legge impedisce ai coniugi di riconoscere un debito e subordinarne la restituzione all'evento della separazione.
Per questi motivi, rivolgersi a un avvocato competente per stipulare questo tipo di accordi, in vista del pur deprecato evento della separazione e del divorzio, è diventata una scelta che anche nel nostro Paese - così come da sempre avviene in altre realtà, specie se ispirate dal diritto anglosassone - può rivelarsi fondamentale per limitare il successivo contenzioso.
Anzi, contrariamente a quanto tradizionalmente affermava la giurisprudenza, questi accordi prematrimoniali - in quanto finalizzati a ridurre il contenzioso familiare e comunque a favorire la tranquillità economica e patrimoniale delle parti - possono rivelarsi uno strumento utile per evitare futuri divorzi e rendere così più stabili i matrimoni.
Rimane fondamentale sottolineare che questa autonomia dei coniugi, per quanto ampliata, non è tuttora illimitata. I magistrati, infatti, devono comunque garantire che gli accordi in esame non compromettano i principi fondamentali del diritto di famiglia, e in particolare:
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l'indisponibilità dei diritti e doveri derivanti dal matrimonio (art. 160 c.c.);
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la tutela della parte economicamente più debole;
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la salvaguardia degli interessi dei figli minori.
Inoltre, i giudici della separazione e del divorzio, pur non avendo il potere di stipulare direttamente patti di natura contrattuale (ad esempio, non possono imporre ai coniugi di cedere quote immobiliari o di accettare assegni divorzili una tantum, pur di arrivare a un divorzio equilibrato), devono in ogni caso tenere conto degli accordi intervenuti, per valutare nel complesso la sopravvenuta situazione economica delle parti, in caso di revisione delle condizioni di divorzio.
